USAF Wind Resistant Sateen OG 107 Ground Crew Jacket | A review by Stock Number designer

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Uno dei capi più interessanti facenti parte della mia collezione è questa giacca codificata come “Wind Resistant Sateen OG 107 Ground Crew Jacket” appartenente al personale di terra USAF.

Realizzata in pesante raso militare, tono di colore “sage green”come da specifiche USAF visibili in etichetta, elemento di estrema importanza per la datazione e la codifica dei capi operativi, tecnici e da lavoro delle varie forze armate, specialmente statunitensi (in quanto non tutti i paesi inseriscono nella codifica dei capi l’anno di produzione) questa giacca, è estremamente interessante per un numero di motivi.

In primis è una delle prime produzioni, datata 1957 e consegnata dalla Southern Athletic Co. un contractor che ha fornito anche altre tipologie di giacche tra cui i Parka Cold Weather N3B utilizzati dagli equipaggi dei bombardieri B-52 in Viet Nam e durante tutto il periodo della guerra fredda, così come per la protezione degli operatori delle basi artiche che spesso li utilizzavano “fuori ordinanza”, ma anche altri pezzi come i Parka M-51.

In secondo luogo abbiamo di fronte un pezzo personalmente customizzato dal proprietario e nelle condizioni perfettamente originali, senza alcun tipo di modifica post dismissione, vediamo infatti che l’operatore ha applicate a sua cura delle bande di materiale rifrangente tipo 3M sia nella parte posteriore a forma di “T”, che nella parte anteriore e sui polsi.
Si tratta di un accorgimento molto importante per chi operava nei pressi delle piste di atterraggio dove era fondamentale il concetto di “high visibility”.

Ho potuto analizzare con cura questo materiale e valutarne la particolare consistenza e rifrangenza che surclassa qualsiasi altro tipo di materiale commerciale da me visionato.
Possiamo anche notare che i badge identificati e i gradi sono ancora presenti, in particolare le due strisce sopra i taschini hanno un raro esempio del ricamo “catenella” (chainstitch) che attesta il periodo storico del capo.

Inoltre spesso queste giacche si trovano con tutti i badge tolti (probabilmente per rivenderli singolarmente) e questo ne rende il valore molto basso.

In terzo luogo il tessuto: armatura raso di cotone/nylon con filati a titolo di altissima qualità, la morbidezza di questo tessuto al tocco è ancora oggi eccezionale dopo 54 anni e non è descrivibile a parole purtroppo.
La mia ricerca ha portato in evidenza che un altro contractor USAF: la Hygrade Rainwear Mfg. Corp. avrebbe (il condizionale è d’obbligo) realizzato delle versioni in popeline poly/cotone che potrebbe essere quello utilizzato anche sui parka M-51, nel classico colore grigio/verde.

Questa giacca è dotata di bottoni interni che servono all’eventuale applicazione di un lining imbottito per la protezione dai climi più freddi: purtroppo oggi è sostanzialmente impossibile trovare ancore delle Ground Crew Jacket con il loro interno.

Ad ogni modo una fodera cucita, in poly/cotone, è comunque presente, come si vede nella foto.

Altro dettaglio importante è la presenza della coulisse di regolazione interna, sul punto vita, spessore di un centimetro con tasselli di rinforzo in pelle a doppia ribattitura.

Ma l’elemento distintivo di questo capo è il collo che contiene un cappuccio anti-pioggia, sempre in raso militare e con costruzione ergonomica.
Caratteristica di culto: la cerniera con tiretto “tranciato” prodotta dalla CROWN, con “tira-zip” aggiuntivo in pelle (stessa tipologia dei rinforzi coulisse) cucito con rinforzo a “triangolo”, inoltre il collo, nella parte sotto, è rinforzato dal classico motivo “zig-zag”.

La tipologia a quattro tasche, chiuse da bottoni a pressione risponde alla specifica di praticità e utilità della giacca, che non aveva (per le tasche) funzione di “contenimento” per quanto riguarda equipaggiamenti (come invece altre tipologie dotate di tasche a “soffietto”) e aveva quindi lo scopo di contenere documenti, un notes per prendere appunti, ordini di servizio, ecc. si nota infatti l’accesso per la penna nella parte superiore.

All’interno del collo, oltre alla splendida etichetta, il cui valore è praticamente il valore più intrinseco della giacca stessa, si notano iscrizioni a pennarello di vario tipo, come il nome (Johnson) e alcuni codici. Il riporto del nome che appare anche nella striscia identificativa ricamata è molto importante, perchè conferma la configurazione originale e quindi che le applicazioni sono nate con la giacca stessa e non applicate dopo.

I bottoni in nylon, a quattro fori, sono molto particolari e va detto che la riproduzione attuale non sarebbe molto economica dato l’alto quantitativo di pezzi da riprodurre per questo particolare materiale military grade, spesso tali bottoni sono riprodotti in materiali poveri come il poliestere.

Capi come questo rappresentano senza ombra di dubbio le colonne portanti della ricerca applicata all’abbigliamento di tipologia militare.
La perfetta vestibilità (vedi ad esempio lo studio sulla manica “raglan”, di grande comodità durante l’utilizzo sopra capi protettivi come le maglie in lana) i dettagli di estrema semplicità e funzionalità, l’eccellenza degli accessori che devono offire assoluta affidabilità d’uso (vedi la zip prodotta dalla Crown, scorrevolissima e senza un briciolo di ossidazione dopo l’evidente utilizzo operativo di questo capo) sono aspetti che oggi vengono completamente tralasciati dalle industrie di abbigliamento moderne.

La cura di dettagli come quelli che sono presenti in questa giacca, che potrebbero fornire infiniti spunti e idee sono spesso dimenticati, o meglio: non vengono quasi considerati e solo pochi li sanno percepire.

Ho avuto dei “maestri” che nel lavoro di design mi hanno educato a conoscere e studiare il passato, per poter meglio comprendere il futuro e questo oggi è diventato per me e l’approccio standard nel mio lavoro, coem anche un punto di forza e di appoggio ogni qualvolta apro uno dei miei blocchi da disegno e mi appresto alla parte più affascinante, stimolante ed emozionante che è quella di design preliminare: ovvero quando comincio a delineare i tratti del progetto di disegno della collezione.

Poter toccare con mano capi come questo, tenerli sulle ginocchia mentre disegno, e ancora, indossarli e utilizzarli nella vita di tutti i giorni, è come un flusso di potente creatività che confluisce poi nel lavoro che si materializza sulla carta e che io sono orgoglioso di poter fornire ai miei clienti, che mi danno questa incredibile opportunità.
Alcuni li chiamano capi di “ricerca”, li tagliano, li scuciono… li violentano. Per copiare tessuti che i produttori del Far East non sapranno mai realizzare come gli originali, per semplificare i dettagli togliendone il loro fascino intrinseco, per riprodurre sommariamente forme di cui non sanno l’utilizzo finale…

Io li chiamo capi del “sapere”… e per loro ho il massimo rispetto.

Sempre.
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