“La gente non compra prodotti. Compra storie.” Sì, ma anche no.
C’è una frase che, ormai, rimbalza ovunque.
La si sente ripetere come un mantra, usata per spiegare tutto e il contrario di tutto.
Va bene per le presentazioni aziendali, per le caption social, per dare un’aura di significato anche a ciò che ne ha poco.
È una frase che suona bene. Fa colpo.
Ed è questa:
“Le persone non comprano più prodotti. Comprano storie.”
Per un po’ l’ho ascoltata. Poi ho iniziato a osservarla meglio.
A guardare i contesti in cui viene detta, le situazioni a cui viene applicata.
E più passava il tempo, più mi sembrava una scorciatoia retorica, un modo elegante per non parlare del prodotto.
Per evitare di confrontarsi con la materia, con la qualità, con l’identità vera delle cose.
Così ho iniziato a ragionarci sul serio.
E a chiedermi: ma davvero le persone comprano “storie”? E che tipo di storie?
Cosa intendiamo quando parliamo di “storia dietro a un prodotto”? Siamo sicuri di sapere cosa significhi?
Siamo sicuri che quella “storia” esista davvero — e non sia solo un racconto ben confezionato?
Una storia non è un titolo. Non è un claim d’effetto.
Non è una bio costruita per far bene su un pitch.
Una storia è qualcosa che si può toccare. Che si riconosce, che si dimostra.
Che non ha bisogno di essere raccontata perché si sente.
Pensiamo a un bambino che, crescendo, si perde dentro un’enciclopedia illustrata di storia.
È sempre stata lì, sulla libreria, da quando suo padre l’aveva comprata. Passa le ore a guardare divise militari, cuciture, dettagli. Si sofferma sul giugno del 1944.
Lo colpiscono soprattutto i civili: i volti, gli abiti, il silenzio dentro certe foto. Non sa ancora cosa farà da grande, ma quelle immagini restano.
Alcune in particolare — con quelle giacche, quei tessuti, quelle cravatte — restano come impronte.
Trent’anni dopo, diventato designer, si ritrova nel museo della liberazione a Cherbourg.
Cerca divise nei piccoli archivi dei collezionisti.
Cerca ispirazione, ma anche conferme. Conferme tangibili delle storie che aveva letto da bambino, in quell’enciclopedia.
E ritrova alcune di quelle immagini.
Sono li. Dettagli che parlano una lingua che non ha mai dimenticato e che lo hanno guidato fino a quella foto e ai capi che disegna e realizza.
È questa la storia dietro, o dentro, a un prodotto?
Per me, sì. Lo è.
Non riesco a credere nella storia nata in una riunione marketing dal tema: “Come ci posizioniamo quest’anno?”
Quando la storia è vera, il prodotto la contiene. Senza bisogno di raccontarla.
Un prodotto senza progetto, senza coerenza, senza radici, non è un prodotto.
È un’imitazione. Un’idea formalmente corretta, ma priva di senso.
E il cliente, oggi, lo capisce.
Capisce quando un oggetto ha dentro un percorso.
Capisce se è stato cercato, studiato, provato, pensato con una visione vera.
E capisce, soprattutto, se chi lo propone è coerente con ciò che fa e con ciò che è.
Chi compra con consapevolezza, non compra “la storia” in quanto narrazione.
Compra un progetto. Compra una tensione.
Compra il rispetto che il creatore ha avuto nel fare le cose con cura.
E non ha bisogno che glielo racconti.
Ha bisogno di riconoscerlo da solo, guardando, toccando, indossando.
Le persone non comprano più solo prodotti. Ma non comprano nemmeno storie inventate.
Il cliente di oggi — quello che osserva, che si informa, che sceglie — non è più disposto a farsi intrattenere.
Non crede più alle narrazioni di superficie.
Esige prova, coerenza, concretezza.
Vuole sapere chi ha fatto cosa, perché l’ha fatto, con quali materiali, con quale percorso, e con quale responsabilità.
E se una storia viene raccontata, deve poterla verificare.
Non in una brochure. Ma nel prodotto stesso. E nel racconto sincero e umano di chi lo ha pensato.
Per questo, forse, è il momento di smettere di dire che “la gente non compra più prodotti, ma storie”.
Perché la verità è che le persone comprano prodotti che dimostrano di avere dentro una storia vera.
E quella storia — se c’è — non ha bisogno di essere inventata.
Ha solo bisogno di essere vissuta.
E costruita concretamente e coerentemente.